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Ritrova le tue ali e vola

  • Immagine del redattore: studiorebecca
    studiorebecca
  • 30 set
  • Tempo di lettura: 2 min

Ritrova le tue ali e vola:


Il narcisista maligno e le ferite di chi ha subito abusi familiari


Crescere in una famiglia destabilizzata, segnata da abusi psicologici da parte di madre e padre, significa vivere in un ambiente in cui mancano sicurezza, protezione e riconoscimento. Invece dell’amore incondizionato, il bambino incontra critiche, svalutazioni o silenzi punitivi che lo fanno sentire costantemente sbagliato. Queste esperienze segnano in profondità lo sviluppo emotivo, generando insicurezza, scarsa autostima e difficoltà nel riconoscere i propri confini.


In età adulta, queste ferite diventano terreno fertile per l’incontro con personalità tossiche. Tra queste, il narcisista maligno rappresenta una delle figure più pericolose. Si tratta di individui manipolatori, abili nel controllare l’altro attraverso tecniche sottili come il gaslighting, cioè far dubitare la vittima delle proprie percezioni, o l’alternanza di lusinghe e svalutazioni che crea dipendenza emotiva e confusione. Il narcisista maligno non ricerca un rapporto paritario: il suo scopo è mantenere il potere sull’altro, nutrendosi della sua debolezza e del suo bisogno di approvazione.


Chi ha vissuto abusi in famiglia si trova particolarmente esposto a questo tipo di relazione. Il narcisista, infatti, riattiva inconsciamente le stesse dinamiche vissute con i genitori: la vittima si ritrova a ripercorrere ruoli e sensazioni familiari, quasi fosse un copione già scritto. Questo la porta a tollerare comportamenti che, per altri, sarebbero intollerabili. Il bisogno di essere amati e riconosciuti la spinge a credere che, se resiste o “aggiusta” il partner, riuscirà finalmente a colmare il vuoto lasciato dai genitori. Allo stesso tempo, la paura dell’abbandono la trattiene, alimentando una dipendenza affettiva profonda.


Le conseguenze di tale relazione sono pesanti: ansia, depressione, senso di inadeguatezza, isolamento sociale e perfino disturbi psicosomatici come insonnia, cefalee o problemi gastrointestinali. A livello più profondo, la vittima perde progressivamente il senso di sé, vivendo paralizzata in un costante stato di allerta. È come se il trauma originario dell’infanzia venisse continuamente riattivato, generando un circolo vizioso di dolore e impotenza.


Eppure, la consapevolezza di questa dinamica rappresenta anche la via di uscita. Riconoscere di trovarsi davanti a un narcisista maligno, dare un nome a ciò che si vive, è il primo passo per interrompere il ciclo di ri-traumatizzazione. Ricostruire i propri confini, imparare a dire “no” e, soprattutto, rielaborare i traumi infantili attraverso un percorso di guarigione interiore, permette di recuperare il proprio sé autentico. Solo così è possibile spezzare il legame con il manipolatore e trasformare il dolore in occasione di riscatto.


In conclusione, il narcisista maligno ha un’influenza devastante sulla vita di chi ha subito abusi psicologici in famiglia, perché agisce direttamente sulle ferite più antiche e profonde. Tuttavia, riconoscere e comprendere questa dinamica può diventare l’inizio di un cammino di liberazione, in cui la persona, finalmente, smette di rivivere il passato e inizia a scrivere la propria storia di rinascita.

Antonella Rebecca Spini

Una libellula con gli anfibi


 
 
 

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